Idrogeno giallo, dagli Stati Uniti nuovi metodi per la sua produzione

Non solo l’idrogeno verde, anche quello giallo punta a rivoluzionare il settore energetico, come dimostrano gli ultimi metodi in sviluppo negli USA

Redazione

Negli Stati Uniti la produzione dell’idrogeno non si fa verde, bensì gialla, come questa particolare tipologia di carburante sostenibile che potrebbe fare la differenza nella produzione stessa dell’idrogeno. Vediamo cos’è l’idrogeno giallo, e quali sono i principali studi in corso.

Cos’è l’idrogeno giallo

Tra le tantissime tipologie di idrogeno oggi producibili (più o meno), l’idrogeno giallo è un tipo di carburante prodotto attraverso la fotocatalisi, un processo che utilizza la luce solare e fotocatalizzatori per scindere l’acqua in idrogeno e ossigeno, evitando così non solo l’uso di combustibili fossili, ma a sua volta l’emissione di gas serra.

A differenza dell’idrogeno verde o blu, l’idrogeno giallo si distingue per la sua produzione senza l’uso di energia fossile e senza impatti negativi sul clima. Anche perché, ricordiamo, l’idrogeno verde prevede per la sua produzione o l’elettrolisi da fonte esclusivamente rinnovabile (oltre che solare anche eolica o geotermica, per intenderci) o tramite gassificazione/pirolisi di biomassa. Tutte fonti green, ma non al 100% ecosostenibili.

Tuttavia, la tecnologia richiede ancora miglioramenti per diventare economicamente competitiva e tecnicamente affidabile. Per questo negli Stati Uniti diverse istituzioni, tra cui il National Renewable Energy Laboratory (NREL) e l’Università del Colorado Boulder, stanno lavorando per sviluppare sistemi prototipali e materiali più efficienti. Addirittura Stati come la California e il Texas, con abbondanti risorse solari, sono in prima linea nella ricerca e nello sviluppo di questa tecnologia.

Dalla Colorado Boulder il metodo per idrogeno a zero emissioni

L’Università del Colorado Boulder sta aprendo nuove strade per la produzione dell’idrogeno giallo. Un esempio è il suo processo termochimico, sviluppato dal team del Weimer Lab, che utilizza l’energia solare, in maniera efficiente ed economica, per produrre idrogeno e altri combustibili a emissioni zero.

Descritto in un articolo scientifico pubblicato sulla rivista Joule, questo processo termochimico utilizza materiali a base di ferro-aluminato, i quali, grazie alla loro ottimizzazione, hanno mostrato un incremento della produzione di idrogeno superiore al 1000% rispetto ai metodi convenzionali, rendendo il processo potenzialmente più economico rispetto all’elettrolisi, un’alternativa quest’ultima attualmente in fase di sviluppo commerciale per la produzione di idrogeno verde.

Il metodo del Weimer Lab non si limita alla produzione di idrogeno. Può anche essere utilizzato per scindere l’anidride carbonica in monossido di carbonio, in modo da formare, combinandolo con l’idrogeno, il syngas, un componente fondamentale per la produzione di carburanti liquidi come benzina e diesel. Questi carburanti, essendo derivati da CO2 atmosferica o industriale, possono essere considerati carbon neutral, contribuendo solo in misura minima alle emissioni totali di gas serra.

Dal NREL e Berkeley Lab l’idrolisi fotoelettrochimica per l’idrogeno giallo

Parallelamente, il National Renewable Energy Laboratory (NREL) e il Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab) stanno lavorando per migliorare la misurazione dell’efficienza nella produzione di idrogeno giallo tramite l’idrolisi fotoelettrochimica (PEC).

Questo metodo, che sfrutta solo la luce solare per scindere l’acqua, rappresenta una delle vie più promettenti verso l’energia pulita. Tuttavia, la mancanza di standardizzazione nelle misurazioni ha reso difficile il confronto tra i risultati ottenuti nei diversi laboratori.

I ricercatori hanno sviluppato una guida alle migliori pratiche, pubblicata su Frontiers in Energy Research, che fornisce istruzioni dettagliate per la fabbricazione di fotoelettrodi e la misurazione dell’efficienza STH (solar-to-hydrogen).

Nonostante i progressi nell’efficienza, con record che hanno raggiunto il 16.2% di efficienza, la durabilità dei materiali rimane un problema significativo, dato che l’interazione con l’elettrolita può corrodere i semiconduttori, riducendo la vita utile dei dispositivi.

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