Intervista a Rebecca Pedrazzi, scrittrice del libro “Futuri possibili. Scenari d’arte e intelligenza artificiale”, docente master e ricercatrice presso il nuovo centro Iulm AI Lab, sulle ultime tendenze in campo intelligenza artificiale e arte.
Nel suo libro si affronta il rapporto tra arte e intelligenza artificiale. A suo avviso quali sono gli elementi per definire un lavoro artistico di qualità?
«Gli elementi che definiscono un lavoro artistico di qualità sono molti, al di là che sia un’opera realizzata con l’uso dell’intelligenza artificiale o con il tradizionale pennello, e possono includere l’estetica, l’originalità, il messaggio, e, fondamentale, la capacità di evocare emozioni o quantomeno suscitare riflessioni. Con l’IA cambiano gli strumenti disponibili per creare opere, cambiano l’estetica e i contenuti, ma non cambia la valenza dell’opera d’arte che è da sempre l’espressione di un’idea e che comporta come fattore implicito tutta la testimonianza dell’artista, consapevole o inconsapevole del suo io insieme alla sua storia».
Si può parlare di creatività computazionale?
«Certo che si può parlare di creatività computazionale: la parola “creatività” deriva dal latino cràare: far nascere dal nulla e in questo senso l’IA crea: musica, testi, video, immagini, quant’altro sia o sarà possibile. Ma parlando di Arte non facciamo l’errore di confondere le possibilità di creatività della macchina con il processo creativo dell’artista, tantomeno la magia della genialità.
Dietro la creazione realizzata dalla macchina, dall’IA, c’è un processo complesso che implica il fattore umano ed è la condizione sine qua non per la creazione della macchina. Almeno fino ad oggi.
Quello che ho rilevato intervistando gli AI artists è che la parola più usata è proprio “creatività”. Se il processo creativo dell’artista è la magia della rappresentazione di un’idea con la realizzazione di un’opera, allora l’uso dell’intelligenza artificiale stimola la creatività e ci accompagna alla scoperta di nuovi orizzonti».
Quali sono le sperimentazioni più interessanti?
«Ci sono molti artisti che ci stanno proponendo nuovi scenari estetici non scevri da importanti contenuti, e l’elenco è lungo. Quayola sta lavorando con fotogrammetria, scultura e attendiamo di vedere quali sorprendenti lavori realizzerà. Refik Anadol prosegue il suo viaggio come creatore di architetture post-digitali ed il suo lavoro è stato esposto al Moma. Per le donne sono una fan di Sophia Crespo e Helena Sarin. Potrei proseguire l’elenco con tanti altri talentuosi artisti.
Oggi ci sono anche artisti tradizionali che vogliono cimentarsi con l’IA e si affiancano a data scientists o esperti del settore con risultati inediti molto interessanti. L’IA oltre che come uno strumento può essere inteso anche come un collaboratore».
Quale invece la sua posizione riguardo i programmi open source come Dall-e che permettono a tutti di generare un’opera d’arte con l’AI online?
«I tools “text to image” come stable diffusion, Dall-E e Midjourney, per citare i più famosi, hanno la risposta a questa domanda già implicita nel loro nome: dal testo all’immagine. Non dal testo all’opera d’arte. Creare un’opera d’arte è qualcosa di magico e complesso, sarebbe davvero riduttivo considerarsi artisti per aver usato un tool online. Indubbiamente questi nuovi programmi – oggi i text to image e tra poco anche i text to video – stanno rivoluzionando diversi settori, come in passato hanno fatto altre tecnologie o invenzioni. Io uso spesso stable diffusion e Dall-E per corredare articoli e per le mie presentazioni, ma sempre con l’accortezza di indicare che l’immagine è stata generata con IA, specificando sia il tool che ho usato sia il text. Nell’ultimo mese ho generato almeno 1000 immagini e non sono diventata un’artista. Sarebbe troppo facile no?»
Per saperne di più: Intelligenza Artificiale, cos’è e come funziona. Tutto sulla AI
Dal suo punto di osservazione privilegiato, quali sono le nuove possibilità di fruizione di questo tipo di opere? Le opportunità aumentano, spaziando da luoghi fisici come i musei fino alle nuove possibilità del Web3?
«Siamo nella primavera dell’IA, e il focus sull’AI Art è molto alto. La curatela si evolve per raccontare questa nuova dimensione artistica: trovo da sempre vincenti le esposizioni tailor-made in cui l’artista comunica i suoi desideri al curatore e apprezzo molto le mostre in cui digital art o AI Art comunicano con l’arte tradizionale. Il Metaverso offre inoltre nuove opportunità. Penso che in un prossimo futuro ci si avvicinerà all’arte non solo andando nei musei, ma anche con l’oculus».
Reputo oggi necessario anche fare educational: il grande pubblico spesso non sa quale e quanto lavoro ci sia dietro ad un’opera creata con l’uso dell’intelligenza artificiale, occorre raccontarlo e possibilmente in modo chiaro. In molti confondono un’installazione creata con AI Art con una mostra immersiva – e direi anche comprensibilmente poiché l’innovazione tecnologica in questo senso è andata come un fulmine e in una manciata d’anni ci siamo tutti ritrovati a parlare di Metaverso, AI Art, blockchain, nft, digital etc. Dobbiamo focalizzarci sul pubblico e dargli gli strumenti per poter apprezzare il lavoro dell’artista oltre che l’opera. Ci sono oggi molti corsi per digital curator: confido molto nei giovani, sono loro il futuro».