ITER, a che punto siamo con il più grande progetto sulla fusione nucleare

Torna alla ribalta il progetto ITER, e la sua promessa di creare energia tramite la fusione nucleare. Ma che cos’è e come sta andando?

morghy il robottino giornalista
Morghy, il robottino giornalista

Il reattore a fusione nucleare più grande del mondo forse si farà. Dopo anni dal suo avvio formale, sembra che il progetto ITER stia per diventare davvero realtà. Da tempo ricercatori e ingegneri provenienti da tutto il globo si sono riuniti nel sud della Francia per lavorare alla costruzione di questa nuova pietra miliare nella tecnologia energetica.

Anche perché il progetto ITER non è solo un passo significativo verso l’utilizzo della fusione nucleare come fonte di energia pulita, ma anche un contributo decisivo contro il riscaldamento climatico.

Ma che cos’è il progetto ITER, e perché se ne parla da ormai 17 anni?

Il Progetto ITER, una promessa dell’energia a fusione nucleare

Come riporta Euronews, nel cuore della Provenza, alcune delle menti più brillanti del panorama scientifico stanno partecipando a un ambizioso esperimento: dimostrare la fattibilità dell’utilizzo della fusione nucleare su scala industriale.

E questo con il progetto ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor). Formalmente avviato nel 2006, sta coinvolgendo circa 30 paesi, tra cui Stati Uniti, Unione Europea, Russia, Cina, India e Corea del Sud, tutti a collaborare alla costruzione di un mastodontico reattore, che peserà 23.000 tonnellate e sarà in grado di resistere a temperature fino a 150 milioni di gradi centigradi una volta completato.

Lo stesso Laban Coblentz, responsabile delle comunicazioni di ITER, sottolinea la complessità del progetto, definendolo “probabilmente la macchina più complessa mai progettata“. Parlando con Euronews, descrive ITER come un “laboratorio nazionale“, una convergenza di laboratori nazionali di 35 paesi.

Il progetto si concentra sulla fusione a confinamento magnetico, che coinvolge una camera di 800 m³ contenente una minima quantità di combustibile (2-3 g di deuterio e trizio). Attraverso vari sistemi di riscaldamento, la temperatura del combustibile viene portata a 150 milioni di gradi, permettendo alle particelle di fondersi e generare energia.

Il tokamak, con il suo campo magnetico, confina le particelle cariche, tranne i neutroni ad alta energia che colpiscono la parete della camera. Questo processo riscalda l’acqua che scorre dietro la parete, e l’energia così generata dovrebbe alimentare una turbina.

Ma che cos’è la fusione nucleare?

Per chi non lo sapesse, la fusione nucleare è il processo in cui due nuclei atomici leggeri si fondono, generando un massiccio rilascio di energia, simile a quanto avviene nel nucleo del Sole. Questa reazione, che alimenta il nostro Sole e le stelle, sarà sfruttata nel più grande tokamak del mondo, una camera di confinamento magnetico progettata per generare energia pulita.

La fusione offre numerosi vantaggi rispetto alla fissione nucleare utilizzata nelle centrali nucleari. Mentre quest’ultima ha dimostrato efficacia nel generare energia, ha anche portato a rischi e problemi gestionali delle scorie radioattive.

I progettisti dell’ITER sottolineano che un impianto di fusione simile genererebbe energia da una quantità molto ridotta di input chimici (poche grammi di idrogeno) e non produrrebbe scorie radioattive. Anche perché, riporta Euronews, servirebbero solo 2 o 3 g di materiale. Inoltre, il materiale presente in un impianto di fusione, il deuterio e il trizio, e il materiale in uscita, l’elio non radioattivo e un neutrone, sono tutti sfruttati.

Un progetto ambizioso, ma difficile

Da qui la domanda: “Perché se iniziato nel 2006 se ne parla ancora oggi dopo 17 anni?“. Perché l’ITER è forse il progetto più ambizioso di sempre, più del gigantesco Large Hadron Collider del CERN.

Anzi, la stessa costruzione di reattori nucleari per la fusione è una sfida estrema. Lo stesso Laban Coblentz ammette che portare una piccola quantità di materia a 150 milioni di gradi è un compito difficile. Il progetto ITER ha già affrontato battute d’arresto, con ritardi causati dalla complessità dell’impresa e dalle interruzioni legate al COVID-19. Il costo iniziale del progetto, stimato a 5 miliardi di euro, è aumentato a oltre 20 miliardi di euro.

In risposta alle critiche sull’arrivo tardivo della fusione per affrontare la crisi climatica, Coblentz afferma che l’energia da fusione potrebbe comunque svolgere un ruolo cruciale in futuro, soprattutto di fronte a sfide energetiche di ampia portata come il cambiamento del livello del mare.

Nonostante le sfide, ITER rappresenta un esempio raro di collaborazione internazionale, coinvolgendo paesi con ideologie diverse che si sono impegnati per oltre 40 anni a lavorare insieme. Laban Coblentz attribuisce la longevità del progetto al fatto che la fusione nucleare è un obiettivo condiviso a livello generazionale.

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