DNA sotto i riflettori: un sensore innova l’osservazione della riparazione cellulare

Una nuova tecnologia fluorescente sviluppata a Utrecht consente di monitorare in tempo reale i danni genetici, aprendo nuovi orizzonti per la ricerca su cancro e invecchiamento

Redazione

Osservare la riparazione del DNA in tempo reale, senza alterare la dinamica naturale delle cellule: questo è il nuovo passo avanti compiuto da un team di ricercatori dell’Università di Utrecht (Paesi Bassi), che ha sviluppato un sensore fluorescente che illumina istantaneamente i danni al DNA all’interno delle cellule viventi, permettendo di seguire l’intero processo di riparazione. La scoperta, pubblicata su Nature Communications, promette di trasformare la ricerca su cancro, invecchiamento e farmacologia, consentendo esperimenti che fino a oggi erano impossibili.

Un sensore che osserva senza interferire

Il DNA cellulare è costantemente esposto a fattori dannosi: radiazioni, sostanze chimiche, luce solare e persino i processi metabolici quotidiani possono provocare rotture o modificazioni genetiche. Normalmente, le cellule attivano meccanismi di riparazione rapidi ed efficaci, ma quando questi falliscono le conseguenze possono essere gravi, contribuendo all’invecchiamento e alla formazione di tumori. Finora, gli studi sulla riparazione del DNA erano limitati a metodi che richiedevano di fissare e uccidere le cellule, fornendo solo istantanee isolate di un processo complesso e dinamico.

Il nuovo sensore ideato dal professore Tuncay Baubec e colleghi supera questa barriera. La tecnologia si basa su un piccolo frammento di una proteina naturale, modificato con un tag fluorescente, che si lega temporaneamente ai marcatori presenti sulle regioni danneggiate del DNA. La chiave della novità è la reversibilità dell’interazione: il sensore si attacca e si stacca autonomamente, illuminando i danni senza ostacolare le proteine della cellula che li riparano.

È come guardare dentro la cellula senza disturbarla”, spiega Baubec. Strumenti precedenti, come anticorpi e nanocorpi, si legavano troppo saldamente al DNA, rischiando di alterare il comportamento naturale della cellula. Il sensore di Utrecht, invece, permette di osservare il processo autentico, catturando il momento esatto in cui il danno compare, quando le proteine di riparazione si mobilitano e quando la cellula conclude la riparazione.

Richard Cardoso da Silva, biologo che ha ingegnerizzato e testato il sensore, ricorda il momento decisivo: “Durante i test con alcuni farmaci, il sensore si illuminava esattamente negli stessi punti degli anticorpi commerciali. Ho capito subito che avrebbe funzionato”. Questo ha segnato l’inizio di una nuova era per lo studio della dinamica del DNA, dove una singola sequenza continua di immagini offre una visione realistica e dettagliata dell’attività cellulare.

Dai laboratori agli organismi viventi, con applicazioni cliniche

La sperimentazione non si è limitata alle cellule in coltura. Collaboratori dell’Università di Utrecht hanno testato il sensore nel verme modello C. elegans, osservando con successo rotture del DNA programmate durante lo sviluppo dell’organismo. “Questo dimostra che lo strumento non è solo per colture cellulari, ma funziona anche negli organismi viventi, aprendo scenari di ricerca completamente nuovi”, commenta Baubec.

Le potenzialità della tecnologia vanno ben oltre la semplice osservazione: la proteina sensore può essere combinata con altre componenti molecolari, consentendo di mappare la distribuzione dei danni lungo il genoma, identificare quali proteine si radunano attorno ai punti di danno e persino spostare segmenti di DNA danneggiato all’interno del nucleo per capire quali fattori ne modulano la riparazione. “A seconda della creatività dei ricercatori e delle domande che pongono, le applicazioni possono essere molteplici”, sottolinea Cardoso da Silva.

Oltre alla ricerca di base, il sensore ha un forte potenziale in campo medico. Molti trattamenti oncologici si basano sulla capacità di danneggiare il DNA delle cellule tumorali, e nei primi stadi di sviluppo dei farmaci è essenziale misurare con precisione l’entità del danno indotto. Secondo Baubec, “il nostro strumento potrebbe rendere questi test più rapidi, accurati ed economici”. Possibili applicazioni cliniche includono lo studio dei processi di invecchiamento, la valutazione dell’esposizione a radiazioni o sostanze mutagene e il miglioramento della valutazione della sicurezza dei farmaci.

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