All’Università di Varsavia un gruppo di ricercatori ha compiuto un passo che potrebbe cambiare per sempre la ricezione dei segnali radio. Hanno infatti sviluppato un nuovo tipo di ricevitore completamente ottico, basato sulle proprietà degli atomi di Rydberg. Non si tratta di un’antenna tradizionale, ma di un dispositivo che funziona alimentato soltanto da luce laser, capace di unire sensibilità estrema e autocalibrazione interna. I risultati, pubblicati su Nature Communications, aprono una nuova strada verso i sensori quantistici di nuova generazione.
Onde invisibili e nuove regole del gioco
Viviamo immersi in un mare di onde elettromagnetiche: ogni secondo, attorno a noi, viaggia una quantità immensa di informazioni digitali. Per molto tempo la modulazione di ampiezza è stata il metodo principe per trasmettere dati, ma i protocolli moderni si basano su tecniche più sofisticate, capaci di giocare anche sulla fase delle onde, come la quadrature amplitude modulation (QAM).
Il professor Wojciech Wasilewski ricorre a un’immagine suggestiva per spiegare questo concetto: immaginare di stare in riva al mare e osservare il ritmo delle onde, non solo la loro forza, ma anche l’istante preciso in cui toccano la spiaggia. È così che la natura stessa ci racconta il funzionamento della trasmissione radio.
Nella pratica quotidiana, le antenne metalliche svolgono il compito di intercettare queste onde e indirizzarle a ricevitori elettronici, dove i segnali sono convertiti da frequenze altissime a frequenze più gestibili. Attraverso complesse elaborazioni digitali si ricostruiscono ampiezza e fase delle vibrazioni, traducendole in dati interpretabili. Con il nuovo ricevitore quantistico, però, tutto questo viene superato: non servono più metalli né circuiti, perché la trasduzione del segnale avviene direttamente grazie a fenomeni quantistici.
Il balletto degli elettroni nel rubidio
Il cuore dell’esperimento è una cella di vetro contenente vapori di rubidio, illuminata da tre laser ultra-stabilizzati. Questi fasci di luce agiscono come una partitura musicale, costringendo gli elettroni degli atomi a eseguire una danza complessa. Gli elettroni sono spinti in orbite lontanissime dal nucleo, negli stati di Rydberg, dove diventano estremamente sensibili alle microonde. Quando un’onda radio ne modifica il ritmo, le traiettorie degli elettroni cambiano, e il loro ritorno allo stato di partenza produce radiazione infrarossa che riproduce fedelmente il segnale ricevuto, portando con sé informazioni su ampiezza e fase.
Per rendere stabile questa coreografia è stato necessario costruire un sistema di cavità ottiche, veri e propri “metronomi” che mantengono inalterato il tempo della danza atomica. Ogni variazione di fase nelle microonde si riflette nella fase della luce infrarossa emessa: un linguaggio tradotto direttamente dal mondo invisibile delle onde radio a quello della luce, senza passare dall’elettronica convenzionale.
Prospettive tra miniaturizzazione e missioni spaziali
Questa antenna quantistica non utilizza elementi metallici, eliminando così le interferenze tipiche delle antenne tradizionali. Basta una cella di rubidio, un contenitore sigillato e i fasci laser per convertire le onde radio in luce. In futuro il sensore potrebbe ridursi fino a diventare un ispessimento su una fibra ottica, capace di inviare la radiazione infrarossa lungo il cavo e permettere analisi a decine di metri di distanza. Una soluzione quasi invisibile, ideale per misurazioni non invasive o persino per applicazioni di sorveglianza impossibili da rilevare.
Stando a Eurekalert, le implicazioni sono enormi: calibrazione ultra-precisa dei campi a microonde, registrazione di segnali debolissimi senza disturbarli, e possibilità di utilizzo in ambito militare e spaziale. Non sorprende che l’invenzione abbia già suscitato l’interesse di istituti internazionali di standardizzazione e agenzie come l’ESA, che nel 2025 ha avviato un progetto per commercializzare questa tecnologia. Il futuro potrebbe quindi vedere sensori quantistici montati su satelliti, pronti a scrutare lo spazio e a trasformare la nostra idea di comunicazione.