Impianto oculare basato sull’AI aiuta i pazienti non vedenti a leggere di nuovo

Grazie a un microchip AI e occhiali speciali, i pazienti con degenerazione maculare secca ritrovano la capacità di leggere

Redazione

Dopo anni di cecità centrale, alcuni pazienti stanno riscoprendo il piacere della lettura grazie a un piccolo impianto oculare alimentato dall’intelligenza artificiale. Ossia il dispositivo PRIMA, sviluppato da Science Corporation e testato in una sperimentazione clinica europea: un’autentica rivoluzione nella visione artificiale.

PRIMA: microchip e AI per restituire la lettura ai ciechi

Il cuore dell’innovazione è un microchip di soli 2×2 mm, inserito sotto la retina centrale tramite vitrectomia. Collegato a occhiali di realtà aumentata e a un piccolo computer portatile, il chip riceve le immagini catturate dalla telecamera degli occhiali e le trasforma in impulsi elettrici grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale. Questi segnali stimolano il nervo ottico, creando una nuova forma di percezione visiva.

Come riporta lo studio pubblicato su New England Journal of Medicine, la sperimentazione clinica ha coinvolto 38 pazienti in 17 ospedali di cinque Paesi, con il Moorfields Eye Hospital di Londra come unico sito nel Regno Unito. Tutti i partecipanti avevano perso la vista centrale in un occhio a causa della degenerazione maculare secca, una condizione che distrugge le cellule sensibili alla luce della macula e colpisce circa cinque milioni di persone nel mondo in fase avanzata. Prima dell’intervento, molti non riuscivano a distinguere nemmeno un cartello visivo standard.

Stando a Interesting Engineering, i risultati della sperimentazione sono stati promettenti: sebbene la visione restituita non sia naturale, essendo in bianco e nero e con un campo visivo ridotto, i partecipanti hanno in media recuperato la capacità di leggere cinque righe sulla tabella oculistica.

“Questo è il fronte più avanzato della scienza”, ha dichiarato il dottor Demetrios Vavvas del Massachusetts Eye and Ear di Boston, sottolineando che l’impianto non è una cura definitiva ma “l’alba di una nuova tecnologia destinata a progredire rapidamente”. Secondo il professor Mahi Muqit di UCL, i risultati aprono la strada a future terapie mediche per la degenerazione maculare secca, finora senza alcuna opzione terapeutica approvata.

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