In genere i sensori indossabili possono generare elettricità, o in alternativa luce. Mai tutte e due insieme. O almeno era così fino a quando i ricercatori di DGIST (Daegu Gyeongbuk Institute of Science and Technology) non hanno sviluppato questo innovativo sensore autonomo, capace di generare simultaneamente elettricità e luce utilizzando solo il movimento e la pressione, senza richiedere l’uso di batterie o celle energetiche portatili. Una nuova tecnologia che promette applicazioni in diversi ambiti della vita quotidiana, dal soccorso in caso di disastri alle attività sportive, fino ai dispositivi indossabili.
La tecnologia dietro il sensore
Negli ultimi tempi sono emerse nel campo della sensoristica due tecnologie alquanto promettenti, ovvero i nanogeneratori triboelettrici (TENG), che generano energia elettrica sfruttando l’attrito tra materiali diversi, e i materiali meccanoluminescenti (ML), che producono luce attraverso la deformazione meccanica. Due soluzioni tech che però oggi soffrono di diversi limiti. Come sottolinea il sito specializzato Techxplore, la “stabilità della potenza di uscita” dei TENG non combacia perfettamente con l’insufficiente durata luminosa dei materiali ML, il che rende queste tecnologie incompatibili tra loro.
Almeno fino ad oggi. Il team della DGIST è invece riuscito a superare questi limiti integrandole in un unico sistema altamente performante, “che genera elettricità e luce contemporaneamente utilizzando il movimento e la pressione“.
Ma come ci sono riusciti? Stando a quanto riportato dal sito, i ricercatori hanno sviluppato questo sensore aggiungendo delle particelle di solfuro di zinco-rame (ZnS:Cu) che emettono luce a un materiale simile alla gomma (polidimetilsilossano [PDMS]). In più, hanno progettato una struttura a singolo elettrodo basata su nanofili d’argento per ottenere un’elevata efficienza.
Il risultato è un sensore in grado di mantenere prestazioni elevate anche dopo più di 5.000 cicli di pressione, con una tensione stabile fino a 60 V e una corrente di 395 nA. Inoltre il dispositivo non mostra segni di degrado delle prestazioni anche dopo ripetuti utilizzi intensivi. La struttura flessibile del PDMS, combinata con la robustezza dei nanofili d’argento, garantisce infatti una lunga durata e un’efficienza costante nel tempo.
Applicazioni pratiche per la sicurezza e la sostenibilità
Questa tecnologia non è solo un prototipo da laboratorio, ma è già pronta per l’uso reale. Il sensore potrebbe essere già impiegato per inviare segnali SOS luminosi in situazioni di emergenza, grazie al fatto che può emettere luce oltre che generare elettricità. Inoltre, la sua stabilità in condizioni subacquee lo rende ideale per applicazioni estreme.
A livello più pratico, questo sensore potrebbe essere adoperato per realizzare “caschi che rilevano l’impatto e inviano immediatamente un segnale [oppure] protezioni per i polsi che rilevano il movimento e dispositivi che inviano segnali di salvataggio, anche sott’acqua“, precisa il sito.
Oltre ai vantaggi in termini di sicurezza, la capacità di funzionare senza batterie contribuisce a ridurre i rifiuti elettronici, una delle principali sfide ambientali del nostro tempo.