Nuovo passo avanti nella ricerca della fusione nucleare dal Princeton Plasma Physics Laboratory (PPPL), che in collaborazione con il Dipartimento dell’Energia statunitense (DOE) ha sviluppato un metodo innovativo per migliorare l’efficienza degli stellarator, la nuova frontiera dell’energia atomica.
Stellarator, vantaggi e limiti dei “rivali” dei tokamak
Giganteschi reattori a forma di “ciambella” circondati da potenti magneti, gli stellarator sono dei dispositivi sperimentali atti a replicare lo stesso processo che alimenta il Sole, creando condizioni di temperatura e pressione estreme per fondere insieme nuclei di elementi leggeri e produrre energia.
Per certi versi ricordano i tokamak, in cui si usano grandi set di bobine magnetiche, con una corrente elettrica che scorre attraverso il centro del plasma per rinforzare il campo magnetico. Nel caso però degli stellarator, il campo viene creato tramite bobine esterne, evitando la necessità di una corrente centrale.
A differenza dei tokamak, oggi in uso in progetti come l’ITER, gli stellarator possono quindi operare in modo continuo e con una minore vulnerabilità a interruzioni improvvise del confinamento del plasma. Ma con un limite importante: il loro controllo delle particelle ad alta energia all’interno del plasma (ovvero la loro capacità di trattenere il calore e le particelle più energetiche del plasma) è inferiore rispetto ai tokamak.
Tutto ciò rende la fusione da loro sviluppata meno efficiente, oltre ad aumentare il rischio di danni strutturali. La sfida principale per gli scienziati è quindi migliorare la capacità degli stellarator di trattenere particelle energetiche, cruciali per mantenere viva la reazione di fusione.
La soluzione dei ricercatori del PPPL
Come racconta il PPPL, il team ha adottato un metodo innovativo basato su una funzione semplificata – detta “proxy” – che permette di prevedere con maggior accuratezza il tasso di dispersione delle particelle (ovvero la velocità con cui le particelle sfuggono dal campo magnetico), senza dover tentare di simulare il comportamento di ogni singola particella (compito gravoso a livello di calcoli).
Come sottolineano i ricercatori, questa soluzione si è rilevata un vero e proprio cambio di paradigma nella progettazione delle stellarator:
“Utilizzando questa funzione proxy siamo stati in grado di sviluppare diverse configurazioni del plasma che riducono significativamente la perdita di particelle energetiche”.
E sebbene queste configurazioni non rappresentino ancora un progetto definitivo per un dispositivo, offrono comunque una guida preziosa per futuri sviluppi.
Se perfezionati, gli stellarator potrebbero diventare una soluzione praticabile per la produzione di energia da fusione su scala commerciale. Con il loro potenziale di energia pulita, senza emissioni di gas serra né rifiuti radioattivi a lungo termine, rappresentano una promessa concreta per il futuro energetico del pianeta.