Una scoperta rivoluzionaria nei laboratori dell’Università del Nuovo Galles del Sud (UNSW Sydney) potrebbe cambiare per sempre il panorama del fotovoltaico. Un gruppo di ricercatori australiani ha dimostrato la possibilità di estrarre il doppio dell’energia da una singola particella di luce, aprendo la strada a pannelli solari con un’efficienza potenziale del 45%, ben oltre i limiti dei tradizionali dispositivi al silicio.
Singlet fission: il principio che raddoppia l’energia
I pannelli solari odierni, basati sul silicio, convertono solo circa il 27% della luce solare in elettricità, mentre la restante energia si disperde sotto forma di calore. Anche in condizioni ideali, la barriera teorica di efficienza è fissata al 29,4%. Il team guidato dal professor Tim Schmidt e dal ricercatore Ben Carwithen ha sviluppato un metodo per recuperare questa energia apparentemente “persa” grazie al fenomeno chiamato singlet fission.
In pratica, un singolo fotone può essere diviso in due porzioni di energia, generando due elettroni invece di uno e raddoppiando così la corrente elettrica prodotta. Studi precedenti avevano mostrato come il tetracene fosse capace di realizzare questo processo, ma il materiale si degradava rapidamente a contatto con aria e umidità. La novità del team australiano è l’uso di DPND (dipirrolonafthiridinedione), un composto organico stabile che mantiene l’efficienza anche in condizioni ambientali reali.
Come spiega Carwithen, “Gran parte dell’energia luminosa in una cella solare si trasforma in calore, ma anche il calore è energia. Il nostro obiettivo è convertirla in elettricità aggiuntiva invece di lasciarla sprecata”.
Dal laboratorio alla produzione: pannelli più efficienti e sostenibili
Il risultato, pubblicato su ACS Energy Letters, rappresenta il primo esempio concreto di singlet fission applicata a celle di silicio in condizioni realistiche. Il metodo non richiede la costruzione di pannelli completamente nuovi: è sufficiente aggiungere uno strato sottilissimo di materiale organico sopra le celle esistenti, come se si “verniciasse” un livello funzionale aggiuntivo.
Questa ricerca rientra nel programma Ultra Low Cost Solar dell’Agenzia Australiana per le Energie Rinnovabili (ARENA) e si basa su oltre dieci anni di studi sul comportamento della luce nei materiali semiconduttori. Schmidt sottolinea l’importanza di aver osservato la singlet fission a livello molecolare grazie a campi magnetici: “Capire il meccanismo è stato fondamentale per progettare nuovi composti in grado di farlo accadere in modo efficiente e stabile”.
Le prospettive industriali sono concrete: anche un incremento modesto dell’efficienza dal 27% al 30% sarebbe un traguardo storico, ma le simulazioni indicano che si potrebbe arrivare fino al 45%. Questo significherebbe produrre più energia con meno spazio e impatto ambientale, accelerando la transizione energetica.
Sette grandi aziende del settore solare stanno già monitorando i progressi del team australiano, pronte a collaborare per la commercializzazione. Secondo Carwithen, “il primo prototipo su scala ridotta potrebbe essere pronto entro pochi anni”, segnando un passo concreto verso pannelli solari più potenti, sostenibili e accessibili.